Quella volta che Boateng si trasformò in Michael Jackson (VIDEO)

Ci sono immagini che, inevitabilmente, segnano il passaggio all’età adulta. Scene che rimarranno impresse nella psiche per sempre, sopravanzando ricordi di anniversari, nascite di figli e bollette vinte all’ultimo minuto.
Per alcuni è stata la prima trasformazione di Goku in Super Saiyan, per altri la faccia impassibile di Byron Moreno, per noi, onestamente, l’assurdo balletto celebrativo di Kevin Prince Boateng, che in un San Siro tutto esaurito si esibì in una vera e propria coreografia alla Michael Jackson.

Ma andiamo con ordine.

Anno del signore 2011, è trascorsa una settimana esatta dalla vittoria dello Scudetto del Milan, con Max Allegri in panchina e una squadra veramente invidiabile che, dopo un paio di mesi di rodaggio, ha poi sbaragliato la concorrenza.

Ibrahimovic, Robinho, Nesta, Thiago Silva, questi solo alcuni dei nomi di quella squadra fortissima in cui, Kevin Prince Boateng, si ritagliò un ruolo di primo piano.

Giunto a Milano con la nomea di bad boy, impiegò solo qualche settimana a farsi amare dal popolo rossonero: esultanze sfrenate, grinta da vendere e, soprattutto, parecchi (e bellissimi) gol a referto. E così, KPB, che già agli occhi dei tifosi era un idolo, decise di celebrare la vittoria del titolo nazionale con un balletto che già all’epoca toccò vette di cringe non indifferenti.

Vestito di tutto punto, proprio come Michael Jackson, il ghanese fece esplodere la sua gioia con un moonwalk…veramente ben fatto! Il tutto ebbe la durata di pochi secondi, ma le facce sullo sfondo dei suoi compagni, a metà fra l’ammirato e lo schifato, restano nella storia.

Attenzione, le immagini sono vietate ad un pubblico facilmente impressionabile. Non tanto per il balletto in sé, quanto più per la presenza di Urby Emanuelson e Nicola Legrottaglie con la maglia rossonera.

 

MONZA-MILAN: X2+GOL

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Meme a parte, quanto era sottovalutato Montolivo “prime”? (VIDEO)

Riccardo Montolivo si è ritirato dal calcio nel silenzio generale, dopo alcune stagioni non brillantissime con la maglia del Milan, che lo hanno fatto diventare per svariati motivi un meme. La realtà è che il calo auto a livello agonistico non è mai stato “scarso”, come molti insistono e ripetono, e anzi il suo stile di gioco per anni è stato dominante nel campionato di Serie A.

Gli esordi con la maglia dell’Atalanta, la consacrazione con la Fiorentina che gli ha permesso di ottenere la chiamata della nazionale e infine l’avventura a Milano, sponda rossonera, dove è riuscito comunque a togliersi qualche soddisfazione, compresa la Supercoppa Italiana del 2016.

Quello che in pochi ricordano però è il Montolivo prime, un giocatore capace di gestire a suo piacimento il centrocampo, recuperare una valanga di palloni e mandare in porta i compagni. Un giocatore totale del quale in molti si erano innamorati. Vedere per credere.

Tevez ha raccontato il suo primo strano incontro con Gigi Buffon (VIDEO)

Carlitos Tevez con la maglia della Juventus gasava, inutile che lo neghiamo. Indipendentemente dalla nostra fede calcistica, va ammesso che un giocatore del genere non poteva rimanere indifferente. La sua verve, il suo agonismo, le sue giocate, la sua capacità di trascinare la squadra e il pubblico: l’Apache era unico per tanti aspetti e siamo stati fortunati a goderci la sua presenza in Serie A.

Eppure, nonostante un passato molto particolare e un’infanzia non semplicissima, il buon Carlitos non appena arrivato a Torino rimase colpito, ammaliato e, da come lo racconta, impressionato da un omone di più di 1,90 metri d’altezza e dai suoi occhioni verdi. Il suo nome, giusto per darvi maggior contesto, è Gianluigi Buffon. Avete presente?

Il Gigione nazionale, solo con la sua presenza e le sue prime parole, riuscì in qualche modo ad influenzare Tevez, che di incontri particolari, con gente forse anche più tosta, ne aveva già avuti in passato. 

Era il mio primo allenamento con la Juventus. Io arrivavo dal City e mi ritrovai in spogliatoio con gente come Pirlo, Chiellini, Conte come allenatore. Insomma, gente forte. Ma io rimasi colpito da Buffon, cioè ti fa effetto. Un uomo così alto, con occhi grandi verdi. Una presenza impressionante, da capitano.

Così cominciamo a riscaldarci, Buffon viene lì, mi afferra la testa e il collo, viene faccia a faccia e mi fa ‘Andiamo eh. Andiamo a vincere tutto’.”

Un attestato di stima impressionante, che rende molto di più se visto e raccontato dallo stesso Tevez (qui sotto il video). Fa pensare che uno come Tevez sia rimasto così colpito semplicemente stando vicino a Buffon, ma probabilmente è proprio così che i leader diventano tali.

 

JUVENTUS – SASSUOLO: PARZIALE/FINALE 1/1

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Allegri: “Il mestiere dell’allenatore non si può insegnare”. E ha ragione.

Lo stile di gioco, i flop di alcuni suoi giocatori, la poca identità di gioco che riesce a trasmettere alle sue squadre e chi più ne ha, più ne metta. Da sempre (o quasi) Massimiliano Allegri è uno degli allenatori più discussi e criticati. Eppure, nonostante le parole dette e scritte su quanto giochino male le sue squadre, a parlare per lui sono i risultati.

Una promozione in Serie B una Supercoppa di Serie C1 con il Sassuolo. Il nono posto con il Cagliari. I 6 scudetti, le 4 Coppe Italia e le 3 Supercoppe Italiane conquistate con Milan e Juventus. Due finali di Champions League. Insomma, difficile essere troppo critici con un allenatore che riesce a raggiungere certi traguardi.

Anche perché, come dice lo stesso Allegri, fare l’allenatore non è poi così semplice. 
Allenare non è solo tattica. Non è solo schemi. Allenare è un insieme di fattori che non tutti riescono a gestire. Ci sono gli allenamenti dal lunedì al venerdì, c’è la preparazione della partita. E poi c’è la partita, quella della domenica, che tu puoi aver preparato come vuoi ma se dopo 5 minuti il tuo centrale viene espulso, saltano tutti i piani.

Fare l’allenatore è anche e soprattutto gestione. Gestione dei momenti e delle risorse umane, cioè dei calciatori. Per questo, è impossibile insegnare quel mestiere. Troppe varianti sono da tenere in considerazione, ma soprattutto sono tutte da imparare sul campo e non seduti al banco guardando una lavagna.

Per molti forse è troppo pragmatico, ma su questo punto c’è da ammettere solo una cosa: Allegri ha maledettamente ragione.

 

JUVENTUS – INTER: MULTIGOL 1-2

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Ma Paulo Dybala ha mai fatto gol brutti? (VIDEO)

“Chi non ama il mancino di Dybala ha problemi con i sentimenti”.

Del resto, anche da semplici appassionati, come si potrebbe non essere innamorati di quel mancino dopo che per anni Paulo ci ha incantato tra tiri a giro, punizioni, dribbling e gol decisivi all’ultimissmo secondo?

Oggi la Joya compie 30 anni (sì, siamo vecchi) e vi giuriamo che abbiamo provato in tutti modi a trovare un suo gol brutto, ma proprio non ci siamo riusciti. Cioè, anche quelli semplici o apparentemente normali, li fa sembrare a volte dei gol favolosi. C’è dell’estro, della classe e dell’eleganza in quel mancino che a volte sappiamo esattamente che tiro farà, eppure ci sorprendiamo sempre di più ogni volta.

Qui per voi i video dei suoi gol con Juventus, Palermo e Roma, che riassumono in maniera perfetta quello che abbiamo detto finora: il mancino di Paulo Dybala è un Patrimonio dell’umanità.

Tutte le magie di Dybala con la Juventus


Tutte le magie di Dybala con il Palermo


Tutte le magie di Dybala con la Roma

Quella volta che Del Piero firmò il contratto in bianco per amore della Juve (VIDEO)

Eh già, calciatori così non ne nascono più.

E non lo diciamo per dire, voi sapete che noi al concetto di “calcio romantico” preferiamo un bel calcione a tacchetti spianati sulla rotula, ma quando ogni tanto ripensiamo a certi idoli della nostra giovinezza, è impossibile non lasciarsi prendere dalle emozioni.

Perché diciamocelo chiaramente, nell’inverno del 2011 il tifoso medio juventino se l’era vista brutta: il capitano storico Alessandro del Piero era al centro delle trattative per il suo rinnovo di contratto. Che la sua carriera fosse agli sgoccioli era noto, ma lo spettro di un passaggio ad una storica rivale, anche solo per ripicca, si faceva più insistente ad ogni settimana passata senza la firma per la stagione successiva.

Del Piero, da sempre precursore in tutto, decide allora di registrare un video messaggio per i suoi tifosi, che funga da rassicurazione e che possa mettere a tacere ogni dubbio.

Location improvvisata, testo chiaramente scritto al pc e proiettato in modo da facilitarne la lettura, voce impastata dal sonno e si va in scena con le guglie della città di Torino a fare da sfondo.

È un Del Piero sorridente e istrionico (sì, non abbiamo idea di che cosa significhi questo aggettivo, ma faceva la sua figura) quello che smentisce con un sorriso tutte le falsità circolate sul suo conto; per poi raccontare al mondo intero la sua scelta: firmare in bianco con la Juventus.

Le parole di Alex, scherzi a parte, sono veramente bellissime, indipendentemente dalla fede calcistica che un tifoso possa avere: “per me i tifosi e la maglia sono concetti importanti”, oppure: “ho guadagnato tanti soldi e con altre scelte avrei potuto guadagnarne molti di più, ma per me il calcio non è solo denaro”, fino ad arrivare al momento clou, “ho firmato in bianco il primo contratto della mia vita con la Juventus, firmerò in bianco anche l’ultimo”.

Onestamente, che gli vuoi dire?

Veramente, Alex: chapeau.

 

JUVENTUS – CAGLIARI: GOL

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Ma quanto ca**o era devastante Krasic alla prima stagione con la Juventus? (VIDEO)

Poco dopo il suo arrivo alla Juventus era stato rinominato il nuovo Nedved, per via della chioma bionda e di alcune movenze che ricordavano il fuoriclasse ceco.

E l’appellativo non sembrava poi così sbagliato visto com’erano iniziate le cose: già alla terza presenza  in bianconero infatti, Milos Krasic mette a segno una tripletta che lo fa entrare di diritto nel cuore dei tifosi. Il gioco di Del Neri lo esalta. Eccome se lo esalta. Diventa praticamente imprescindibile. Tutto sembra andare alla meraviglia.

Una squalifica per simulazione e un infortunio muscolare riescono a fermarlo: Krasic chiude il resto della stagione 2010/2011 confermando l’ottima operazione di mercato mettendo a referto ben 9 gol e 9 assist. Non male per un “esordiente”.

Nell’estate del 2011, poi, il fattaccio. Alla Juve arriva Antonio Conte, che Krasic proprio non riesce a vederlo. Lo tiene spesso in panchina e lo fa partire da titolare appena 4 volte. Non è di fatto un giocatore utile ai suoi schemi di gioco. Il centrocampista termina la stagione con sole 7 presenze e 1 gol. Tutto il contrario di quanto era accaduto nell’annata precedete e di quali erano le aspettative sue e dei tifosi.

Lascerà Torino nell’estate del 2012, rammaricato per come erano andate le cose ma conscio del suo potenziale: la sua prima stagione in bianconero fu qualcosa di spettacolare e che i tifosi ancora ricordano.

Aurelio de Laurentiis smonta il calcio Italiano in 4 minuti (VIDEO)

“Dazn non è competente e non fa bene al calcio italiano, come non lo fa Sky. Il calcio italiano morirà grazie a questa offerta”.

Aurelio De Laurentiis ha interrotto l’assegnazione dei diritti tv per protestare così di fronte alle telecamere.

Il presidente ha sbottato perché sostiene che il pubblico italiano è l’elemento centrale della visione dei contenuti della Serie A e andrebbe tutelato.

Qui sotto trovate tutto il suo sfogo per intero.

Siete d’accordo con lui?

(Fonte: GOAL Italia)

Quella volta che fu l’inter a fare il pasillo al Milan (VIDEO)

Una delle più grandi dimostrazioni di fair play calcistico — oltre al gesto di buttare la palla fuori dal campo quando qualcuno si fa male — è il pasillo d’onore: una tradizione d’origine spagnola che consiste nel far sfilare la squadra vincitrice di una competizione (coppa o campionato) davanti ‘agli sconfitti’. A primo impatto tutto ciò può sembrare sadico, non sono infatti mancati episodi in cui la squadra avversaria, ancora amareggiata dalla sconfitta, si rifiutasse di applaudire i vincitori — come accaduto durante il periodo di dominio in campionato della Juventus, anni in cui il pasillo ‘non si sa come mai’, non fu mai fatto.

Al contrario, ricordiamo con piacere quanto accaduto il 23 dicembre 2007 prima del Derby tra Inter e Milan: i nerazzurri accolsero infatti i rossoneri — vincitori della coppa Intercontinentale — disponendosi su due file, applaudendo con rispetto i rivali che entravano in campo. La partita fu vinta alla fine dagli interisti per 2-1 — karma.

Dato che in Italia non sono stati molti gli episodi di questo genere — fatta eccezione per l’omaggio della Sampdoria e la Fiorentina al Napoli di Spalletti e l’ironico pasillo fatto all’arbitro Rocchi — ci auguriamo che in futuro la tradizione iberica diventi un must anche in Italia.

Vedremo sempre più maxirecuperi in Serie A: i motivi

Vi ricordate i minuti di recupero infiniti durante il Mondiale in Qatar? Bene, presto potremo vederli anche nella nostra tanto amata Serie A.

Ieri si sono riuniti i vari direttori di gara di tutta Italia per l’aggiornamento sulle nuove disposizioni del regolamento in vigore dalla stagione in arrivo.

La lente di ingrandimento si è posizionata sulla regola numero 7, ovvero quella legata alla “Durata di gioco” dei vari match di campionato.

Come riportato da Il Corriere dello Sport, da quest’anno le esultanze per i gol avranno un occhio di riguardo in più e influiranno sull’allungamento della gara, diventando motivo concreto di recupero non solo per le esultanze prolungate o le infrazioni di ogni tipo.

Questo significa che se una partita dovesse finire con 3 reti, a prescindere dalle varie perdite di tempo generali, potremmo assistere a match lunghi più di 100 minuti.

Già perché oltre alle esultanze, i tempi si sono dilatati per l’utilizzo del var, le sostituzioni e le riprese di gioco rallentate.

Ascoltando il parere degli analisti della CAN, in media vedremo due minuti di recupero nel solo primo tempo e dai 7 ai 10 nel secondo.

Nell’amichevole disputata al Tardini tra Parma e Sassuolo abbiamo assistito al primo esperimento in tal senso. Nel primo tempo, pur senza  eventi degni di nota, l’arbitro Tremolada ha concesso due minuti di recupero. Questo aspetto sarà costante a partire dalla prima giornata, con le partite che non dovrebbero più concludersi senza un periodo di recupero. Nella ripresa, invece, potrebbe essere consuetudine veder assegnati dai sei agli otto minuti, fino a un massimo di dieci.

Un passo concreto verso il passaggio al tempo effettivo?