Quando Ancelotti disse a Gattuso “fai più piano” e lui perse la testa (VIDEO)

Avete presente quel programma in tv dal titolo “mille modi per morire”? Beh, siamo sicuri che se di fronte a Gennaro Ivan Gattuso la sera dell’episodio che stiamo per raccontarvici fosse stata qualsiasi altra persona oltre al mister e amico fraterno Carletto Ancelotti, sicuramente il numero delle morti impossibili sarebbe cresciuto di uno.

Ma andiamo con ordine.

È l’autunno del 2008, si sta giocando il derby di Milano fra rossoneri e nerazzurri con le squadre che vivono due stati d’animo diametralmente opposti: l’Inter ha vinto e convinto durante le prime uscite stagionali e si è già candidata ad essere una delle possibili vincitrici del campionato, il Milan invece sta faticando parecchio nonostante l’arrivo di un fenomeno come Ronaldinho.

C’è anche chi parla di esonero imminente per una leggenda come Ancelotti che, come al solito, ha però più vite di un gatto.

Quando infatti avviene l’episodio che stiamo per raccontarvi, il Milan sta conducendo per 1 a 0, proprio grazie al gol di Ronaldinho, su assist pennellato di Kakà.

Siamo al tramonto del primo tempo e il buon senso vorrebbe che i rossoneri se ne stessero buoni e tranquillidifendere il vantaggio accumulato.

Peccato però che quel peperino di Gattuso non la pensi così: quando “il Trivela” Quaresma riceve spalle alla porta un pallone assolutamente innocuo a pochi metri dalla panchina del Milan, il centrocampista rossonero gli piomba addosso come una furia.

Fallo sacrosanto, giallo da regolamento ed ecco che accade il patatrack. Di fronte all’inutilità del gesto, Ancelotti, favorito dalla vicinanza rispetto all’accaduto, si arrabbia platealmente con Gattuso, urlandogli di calmarsi.

Rino non la prende assolutamente bene e gli grida  di smetterla con un atteggiamento calabrese poco rassicurante. Il resto delle imprecazioni del numero 8 sono probabilmente in dialetto stretto, ma è facile intuire una figura retorica che paragona una delle principali divinità monoteiste con un quadrupede da compagnia e almeno un altro paio di moccoli lanciati ad arte.

Al diavolo le mani sulla bocca, al diavolo il politicamente corretto, Gattuso se la prende talmente tanto con il proprio allenatore che non ne vuole sapere di trattenersi.

Che la lotta sia continuata negli spogliatoi poco dopo o che si sia risolta a baci e abbracci rimane certamente un mistero, certo è che quella sera Ancelotti deve essersela vista proprio brutta.

Milan e Inter son scese in campo ieri, oggi tocca alla Roma di Lukaku e Dybala cercare la vittoria.

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La cavalcata di Zanetti nel derby a 40 anni (VIDEO)

50 anni.

Si avete capito bene: Javier Zanetti oggi compie mezzo secolo, eppure a guardarlo sembra molto più giovane di noi che a quasi 30 anni ci addormentiamo sul divano guardando un noioso Lecce-Verona il lunedì sera.

Tra l’altro il Pupi è uno di quelli che a 40 anni suonati in campo sembrava ancora un pischello.

Ve la ricordate il coast to coast che fece in quel derby in cui il Milan disse addio allo Scudetto vedendo Antonio Conte e la Juventus festeggiare a Trieste?

Beh dai nel dubbio, essendo il suo compleanno, ce lo rivediamo insieme.

Gli 11 giocatori che hanno vinto Champions e Mondiale nella stessa stagione

La finale di Champions League incombe. Fra chi si è già tatuato il triplete sul polpaccio (sponda Ciy) e chi non dorme da quattro settimane per la tensione (sponda Inter); l’appuntamento è ormai imminente.

Julian Alvarez e Lautaro Martinez, che potrebbero decidere la finalissima con un gol, sono a caccia di un riconoscimento che pochissimi calciatori nella storia sono riusciti ad ottenere: quello di vincere nello stesso anno Mondiale e Champions League.

Accanto a Leo Messi che solleva la Coppa, infatti, c’erano anche loro due: il Toro e l’Arana. Ma chi prima di loro aveva raggiunto un traguardo così prestigioso?

1. Sepp Maier (portiere): nonostante non fosse biondo, trasudava “tedeschitudine” da tutti i pori: campione del Mondo con la Germania e d’Europa con il Bayern Monaco nel 1974

2. Paul Breitner: (difensore): nato come centrocampista, ha seguito per numerosi anni le grida del portiere sopracitato spostandosi poi sulla linea di difesa. Ha accompagnato Maier nel grande doppio trionfo del 1974.

3. Hans-Georg Schwarzenbeck (difensore): vorremmo dire che i tedeschi e in generale il binomio Bayern Moncaco – Germania del ‘74 hanno finito di occupare questa classifica, ma purtroppo staremmo dicendo solo una vile bugia. Eccone un altro, sempre sulla linea di difesa.

4. Franz Beckenbauer (difensore): questo almeno è una leggenda veramente inscalfibile. Da segnalare fra l’altro che i Mondiali vinti da questo difensore sono stati addirittura due, (1974 e 1990).

5. Uli Hoeness (attaccante): dai, ci siamo quasi, la generazione d’oro tedesca è quasi terminata, tenete duro. Questo almeno era uno che la buttava dentro e che non spaccava menischi a colazione, pranzo e cena.

6. Gerd Muller (attaccante): Der Bomber è da sempre ritenuto uno degli attaccanti più forti della storia del calcio. 730 gol in 788. Un Haaland dell’anteguerra, insomma.

7. Jupp Kapellmann (centrocampista): Alè, ci siamo, ce l’abbiamo fatta. Questo è l’ultimo del magico binomio Germania + Bayern Monaco del ‘74. Onesti? Non lo conoscevamo; ma scarso non lo era di sicuro.

8. Christian Karembeu (centrocampista): un incredibile passaggio alla Sampdoria è stato sicuramente formativo per farlo arrivare carico come una mina al 1998, anno in cui sollevò la Champions League con il Real Madrid e la Coppa del Mondo con la Francia.

9. Roberto Carlos (difensore): giocatore simbolo del Real Madrid e del Brasile dei fenomeni, per lui l’anno d’oro è stato il 2002: prestazioni indimenticabili, giocate sontuose e galoppate leggendarie. Di calciatori così, non ne nascono proprio più.

10. Sami Khedira (centrocampista): ritorna la vecchia scuola tedesca, ma questo quantomeno è uno di quei mastini di centrocampo che si ricordano bene. Ha vinto tanto anche con la Juve, ma sicuramente il suo anno fu il 2014: vittoria con la Germania e con il Real Madrid.

11. Raphael Varane (difensore): l’ultimo giocatore a raggiungere questo doppio grande traguardo è Raphael Varane, che nel 2018 ha sollevato la Champions da protagonista con i Blancos e il Mondiale con la Francia.

La nuova vita di Lulic

Tantissimi giocatori hanno indossato e onorato la storica maglia della Lazio, scrivendo pagine indelebili del gioco del calcio con lo stemma dell’aquila sul petto. Pochi, però, possono dire di aver raggiunto il livello di venerazione di cui gode Senad Lulic. Il suo gol decisivo nella finale di Coppa Italia del 2013 contro la Roma lo ha posizionato per sempre a livello “divinità” per tutti i tifosi della Lazio.

E quando al termine della stagione 2020/21, con 371 presenze all’attivo in maglia biancoceleste ha deciso di salutare la Capitale, era chiaro a tutti che sarebbe stato impossibile ricreare con un altro club ciò che era avvenuto con quello di Lotito. Dopo un anno di inattività, il centrocampista bosniaco ha quindi annunciato il suo ritiro ufficiale.

E ora?

Come tanti ex calciatori, Lulic ha intrapreso la strada che lo porterà verosimilmente a diventare un allenatore: al contrario di tanti, però, rimane con i piedi per terra, dedicando tanto tempo alla propria famiglia e lavorando con grande tranquillità sul fronte “futuro”. Chi lo ispira? A suo dire, tutti i migliori mister avuti negli anni di militanza nella Lazio: da Inzaghi a Reja, passando per Pioli e Petkovic.

Tornando invece al futuro più…prossimo, pare ormai certa la sua presenza in tribuna per la prossima gara di campionato, che vedrà la Lazio (già aritmeticamente qualificata alla Champions League) vedersela con la Cremonese (già aritmeticamente retrocessa).

Il motivo?

Proprio in quella giornata sarà celebrato il decennale del gol in finale di Coppa Italia che ha contribuito a renderlo un’icona biancoceleste.

Tutto rose e fiori fra Lulic e Lotito, quindi?

Non proprio: infatti il bosniaco qualche mese fa, nel corso di un’intervista, si è mostrato risentito per il trattamento ricevuto dalla società nel momento del suo addio: il calciatore infatti, aveva stretto i denti a quasi 36 anni per una stagione intera, giocando con infiltrazioni alla caviglia a causa di un’infezione avvenuta per colpa di un’infezione batterica.

Il mancato rinnovo di contratto, comunicato da Tare in maniera asettica e impersonale, fu definito dalla stampa parte del progetto di “svecchiamento” della rosa.

Verissimo, per carità, anche se poi pochi mesi dopo il sostituto acquistato fu Pedro, di un paio di anni più anziano di Lulic.

Insomma: con la Lazio e il suo presidente non si può mai stare tranquilli. Ma siamo sicuri che sabato, in occasione della partita, entrambi riusciranno a sotterrare l’ascia di guerra, memori di quello storico pomeriggio che rimarrà per sempre impresso nella mente di tutti i tifosi laziali.