15 gol impossibili che solo Di Natale poteva realizzare (VIDEO)

In un’epoca storica in cui la metà della popolazione italiana maschile sarebbe pronta a offrire in sacrificio la propria dolce metà in cambio di un attaccante da 20 gol a campionato al fanta, questo articolo è un lusso.

Nel senso che, prendendo il senso del gol di Lautaro Martinez, mescolandolo all’agilità di Osimhen e aggiungendo una spruzzata di Olivier Giroud, ancora non saremmo arrivati alla grandezza di gol e prestazioni a cui ci ha abituato il calciatore di cui state vedendo le meraviglie su Youtube in coda all’articolo.

Già, perché abbiamo capito tutti troppo tardi quanto Antonio Di Natale fosse unico nel suo genere.

E non solamente per aver reso grandi e iconiche alcune squadre di provincia senza mai legarsi ad una big, ma proprio per l’estetica e la complessità dei gol che segnava.

Scorrendo il video, dalla posizione 15 fino ad arrivare al podio, possiamo trovare di tutto: stop elegantissimi con conseguente bordata sotto l’incrocio dei pali, slalom speciali con tanto di dribbling al portiere e pallonetti metafisici.

Ma vorremmo soffermarci un attimo sulle ultime due reti proposte nel video.

In entrambe, Di Natale decide di fare qualcosa di assolutamente senza senso, che porterà una sfera dal diametro di 24,8cm a sbattere contro una rete sorretta da tre pali.

Nel primo caso, al Bentegodi di Verona, il “Tucu” Pereyra semina il panico nella difesa avversaria, riuscendo a guadagnare una buona posizione per crossare. Il pallone che esce dal suo piede debole è però fiacco e non abbastanza potente per essere colpito al volo; inoltre Di Natale viene preso in controtempo e ha bisogno di inventare una magia: così stoppa il pallone con il sinistro alzandoselo nello stesso tempo, poi esegue una torsione pazzesca con il tronco per arrivare a colpire la palla in caduta con il destro con una potenza notevole.

Gol senza senso.

Ma era di fronte ai suoi tifosi che Totò dava il meglio; nell’ultima rete proposta, vediamo arrivare dalla destra un traversone senza infamia né lode, di quelli che solitamente la mezzapunta di turno mette giù, provando poi a puntare il terzino che scala verso di lui.

Ma quanta banalità.

Di Natale si coordina con quello che secondo la carta d’identità è il suo piede debole e colpisce con una frustata al volo che si infila all’angolino.

Che gli vuoi dire?

Nulla appunto. Se non, ci manchi, Totò. Non vedremo mai più un attaccante come te.

Peccato perché in Nazionale, ora come ora, servirebbe come il pane.

A proposito di Nazionale, riusciremo a vincere domani con Malta e metterci una posizione più tranquilla nelle qualificazioni ai prossimi Europei? Secondo noi si, ma senza dilagare.

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Che fine ha fatto Maicosuel?

Sì certo, è proprio quel calciatore che ha tirato il rigore più importante della storia dell’Udinese con un cucchiaio sgonfio e triste, distruggendo i sogni di un popolo intero.

Ma no, anche se fa sempre clickbait, oggi non andremo a parlare di quella storia legata a Maicosuel Reginaldo de Matos, noto ai più come Maicosuel: oggi vorremmo concentrarci su cosa gli è accaduto dopo quel momento catartico e che cosa lo ha spinto ad essere oggi, a 37 anni appena compiuti, uno dei più grandi rimpianti del calcio brasiliano.

Udinese, dicevamo: due stagioni, 47 presenze e soli 4 gol; bottino veramente magro per uno che in patria era soprannominato “O Mago” e “Maicoshow”.

All’epoca dei fatti Maicosuel ha 28 anni, è nel pieno della sua maturazione calcistica e ha comunque un discreto mercato, tale da potersi rilanciare lontano dall’Italia.

La saudade brasiliana, però, lo colpisce in pieno: decide quindi di tornare a casa, all’Atletico Mineiro, che lo accoglie come un figliol prodigo.

Lì, alla soglia dei 30 anni, gioca due stagioni abbastanza bruttine, con 37 presenze totali e soli 4 gol: il mago non esiste più, scomparso come una bolla di sapone, ciò che resta sono offerte improbabili da club ancora più improbabili, alla ricerca di nomi da esibire, più che di veri calciatori.

E così arriva il prestito allo Sharja, club degli Emirati Arabi, dove Maicosuel sverna con piacere, collezionando in una stagione 32 presenze e 7 assist.

Non c’è nulla, però, come l’odore di casa: O Mago non riesce proprio a resistere e sceglie di rifiutare le offerte dei club arabi per tornare nuovamente all’Atletico Mineiro per altre due stagioni, in cui colleziona il desolante score di 25 presenze e 2 reti.

La carta d’identità segna ora 32 e i tifosi dell’Atletico sono stanchi di lui: è imbolsito, indolente e troppo spesso in infermeria; un ultimo colpo di fortuna lo porta al Gremio, sempre in Brasile, dove Maicosuel riesce nella difficile impresa di fare peggio rispetto a tutte le sue precedenti avventure: 2 presenze e 0 gol in un’intera stagione.

Solo chi lo ha amato davvero, a questo punto, può essere così pazzo da dargli un’altra possibilità: arriva infatti il Paranà, squadra che lo aveva fatto esordire da ragazzino, a fargli firmare un contratto annuale.

Ma ecco il colmo: mentre Maicosuel, infortunato, assiste in tribuna ad una partita dei suoi compagni, il direttore sportivo della squadra si lascia scappare un commento non richiesto sul suo scarso impegno, scoppia una rissa da far west sugli spalti, al termine della quale Maicosuel si ritrova senza contratto.

È, forse finalmente, la fine della sua carriera. Una triste odissea brasiliana iniziata con un cucchiaio e terminata con una rissa. E’ vero: il calcio è strano, ma a volte la vita lo è di più.