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Quando Mourinho umiliò Cristiano Ronaldo davanti ai suoi compagni di squadra

Se metti due personalità forti in un ambiente esplosivo come quello del Real Madrid, lo scontro è inevitabile. Si parla di Cristiano Ronaldo e José Mourinho. Un rapporto mai sbocciato il loro, nonostante le frasi di rito. Sono stati insieme al Bernabeu dal 2010 al 2013, mancando solo la Champions. Eppure, nello spogliatoio blanco, nessuno dimenticherà mai quello che accadde il 3 maggio 2011, alla vigilia di Barcellona-Real Madrid. Era il ritorno della semifinale di Champions, all’andata i blaugrana avevano espugnato il Bernabeu 0-2 (doppietta di Messi). A fine partita Mourinho se la prese l’arbitro, mentre Cristiano con la tattica adottata dal suo allenatore, troppo rinunciataria. Era infuriato, non gli era arrivato un pallone pulito, era stato lasciato da solo in avanti.

Dichiarazioni che non erano piaciute allo Special One, che per ripicca lo aveva escluso dalla formazione titolare nella gara successiva contro il Saragozza. Quando lo apprese, Ronaldo diede di matto prendendo a pugni gli armadietti. Arriviamo allora a pochi minuti prima del ritorno del Camp Nou, il Real era atteso da una missione impossibile: doveva rimontare 2 gol alla squadra di Guardiola. Clima teso, dunque. Ma Mourinho non aveva dimenticato le critiche di Cristiano la settimana successiva, così si vendicò davanti ai suoi compagni di squadra. La citazione che segue è tratta dal libro di Diego Torres e ripresa dalla biografia di CR7 raccontata da Guillem Balague.

«Cristiano, vieni qui. Devo dirti una cosa. E te la dirò in faccia, davanti a tutti. Ti lamenti che abbiamo uno schema troppo difensivo. Ma sai perché? La colpa è tua. Dato che rifiuti di difendere e stringere sulle fasce, io sono costretto a far arretrare gli altri. Ti sei arrabbiato perché non ti ho fatto giocare contro il Bilbao (Cristiano era partito dalla panchina perché subito dopo sarebbe arrivato il Tottenham, ndr). Bene l’ho fatto perché tu giochi solo per te stesso. Pensi solo ai risultati personali. Vivi in un mondo tutto tuo. Quando parli con la stampa, invece di fare il tuo dovere, critichi il nostro gioco difensivo. Sai cosa avresti dovuto fare? Criticare gli arbitri, pensare a me e alla squadra. Io non posso non volerti bene, perché sei il fratello di mio fratello (il procuratore Jorge Mendes, ndr) e quindi fratello anche mio. Ma hai criticato in pubblico le mie decisioni tattiche! Tu non rispetti i compagni. Loro corrono e tu resti a guardare. Pepe e Diarra si ammazzano di fatica mentre tu ti arrabbi se non ti arriva il pallone sui piedi! Se fossi un vero membro della squadra, andresti a parlare degli arbitri con la stampa invece di lamentarti in campo! Ho fatto una formazione su misura per te, così da non essere costretto a rincorrere gli avversari e segnare. Giochiamo così per te! Se ti assegnassi la marcatura di Dani Alves, tu te lo lasceresti sfuggire. Ti credi forse superiore a Di Maria?».

Parole forti, umilianti. Ancora più pesanti se dette a uno dei due giocatori più forti al mondo. Ovviamente Ronaldo non la prese bene. «Quel figlio di puttana mi ha fatto una lavata di testa!», avrebbe raccontato i giorni successivi. Quella partita finirà 1-1, con il Barcellona che in finale batterà il Manchester United e con Messi Pallone d’oro. Cristiano incassa ma qualche anno dopo si vendicherà con gli interessi. 

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