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La favola senza lieto fine di Harvey Esajas

Harvey Delano Esajas può essere considerato un miracolato. Da lavoratore in un ristorante di Amsterdam agli spogliatoi di San Siro praticamente nel giro di un paio di telefonate, roba che non succede proprio tutti i giorni.

Quando si iniziava a parlare di lui le idee erano poche e molto confuse. C’era chi pensava fosse aiuto-cuoco, chi cameriere, chi lavapiatti di un ristorante, ma tutti concordavano su una cosa: l’olandese amava il calcio e nonostante il suo lavoro nella ristorazione era uno dei tanti ragazzi talentuosi che si perdono per strada per un motivo o per l’altro.

La differenza tra lui e altri giovani stava in una conoscenza, che aveva un nome e cognome: Clarence Seedorf.

Era fortissimo, è stato solo sfortunato, è giusto e bello provare a regalargli una nuova opportunità“.

Queste furono le parole del “Professore” durante una cena con i vertici rossoneri. Galliani si emozionò a tal punto da intravedere nell’ormai 29 enne (ed obeso) olandese originario del Suriname un futuro giocatore del Milan e lo tesserò. D’altronde quando era ragazzo Harvey faceva parte del leggendario settore giovanile dell’Ajax. Terzino dai piedi discreti e tanta corsa da offrire.

Certo che con 115 kg da spostare e zoppicante a causa di un grave infortunio alla caviglia – rimediato inciampando in una pentola in cucina – sapeva che non sarebbe stato facile tornare ai livelli di qualche anno prima. Ma quale amante del calcio non sarebbe disposto a dare anima e corpo per un sogno, che nel caso di Harvey si chiamava San Siro?

E anche se a 27 anni, dopo aver giocato nel Feyenoord e nel Real Madrid B, Esajas era già un ex calciatore, Clarence ci credeva ancora.

“Vieni a Milanello, ti vogliono tesserare”.

Furono 11 mesi di vita rigidissima. Allenamenti pesanti, dieta ferrea e la bilancia segnava 85 kg: si intravedeva già il ritorno del grande Harvey.
Carlo Ancelotti lo buttò nella mischia gli ultimi minuti di un Milan-Palermo del 2005.

Harvey sfiorò un assist e regalò una splendida sgroppata sulla fascia, ordinaria amministrazione per molti, la realizzazione di un sogno per lui. A fine partita portò in trionfo il suo amico Clarence, che lo aveva riconsegnato al calcio. La sua emozione culminò poi in un pianto liberatorio in spogliatoio.

“Volevo dimostrare a tutti di non essere qui per caso, di meritarmi questa maglia. E adesso? Mica mi fermo qui…”.

E invece sì. Ancelotti lo convocò per la finale di Champions League ad Istanbul dove seguì i compagni dalla tribuna.

Il Milan perse incredibilmente una partita stregata, e forse quello fu il momento in cui la Harvey vide la parola fine alla sua carriera calcistica.
Quella sconfitta infatti rese il Milan più spartano e duro, non bastarono più le parole di Clarence Seedorf per convincere i dirigenti a trattenere l’amico.

A nulla servì la comparsata da Enrico Ruggeri al famoso programma “Il bivio”, Harvey non riuscì più a sfondare. Il ragazzo iniziò a prendere di nuovo peso e la stagione successiva venne spedito a Legnano (C2), e poi a Lecco, dove nel 2006 si ritirò definitivamente.

Stipendi in ritardo, un solo anno nella squadra alpina. Esajas torna in Olanda, diventa allenatore delle giovanili di una squadra in cui ha militato, il Buitenveldert, e di lui si è parlato nel 2010 come possibile allenatore del Monza. Ma senza seguito e senza sviluppi. Ma poco importava: a 32 anni Esajas aveva vissuto un sogno grazie al suo più grande amico.

Ora il ragazzo è tornato dietro i fornelli, ma nella sua cucina è sempre appesa la foto del suo debutto a San Siro. Ovviamente, vicino a quella di Seedorf. Allena anche le giovanili della squadra dove ha iniziato, il Buitenveldert, continuando a sognare le luci di San Siro.

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