Il rigore perfetto esiste, almeno in linea teorica, l’ha spiegato qualche tempo fa Stephen Hawking, lo hanno confutato altri economisti e ne hanno fatto un’analisi su Wired, che cerchiamo di semplificare.
Iniziamo da una pura statistica: i mancini hanno una probabilità maggiore di segnare rispetto ai destri del 4%: 72% contro 76%.
Il fatto è che 15 calciatori su 100 calciano di sinistro, e i portieri hanno più difficoltà nel prevederne il comportamento.
Citando l’articolo c’è anche un dato molto strano legato al colore delle divise:
“Replicando alcuni studi condotti nelle arti marziali e applicandoli al campionato inglese, si è scoperto che, negli ultimi cinquant’anni, le squadre che giocano in casa con le casacche di colore rosso – elemento che aumenterebbe l’agonismo – vincono più spesso degli altri, anche ai rigori”.
Ci sono piccoli trucchi che possono dare una mano ai rigoristi: dopo aver posizionato il pallone non voltate le spalle all’estremo difensore , ma camminate indietreggiando.
Guardate negli occhi il portiere e il punto dove volete calciare.
Una volta presa la rincorsa i giochi sono quasi fatti: i numeri dicono che abbiamo 1 possibilità su 4 di fallire, con il margine di errore che scende al 10% se il portiere non indovina la direzione.
Ma quindi è davvero questo il rigore perfetto? Non proprio, ci sono varie posizioni.
Uno dei fisici più famosi del pianeta ha formulato addirittura un’equazione per calcolare come calciare al meglio un rigore: rincorsa di 5-6 passi, arco di 20°-30°, mirare uno dei due angoli in alto della porta – precisamente a 50 cm dall’incrocio dei pali – e scagliare la palla con una velocità di circa 100 km/h.
Detto, fatto: tirando in questo modo dovremmo massimizzare la possibilità di segnare.
La maggior parte dei calciatori (83%) tende ad incrociare, e i portieri una volta su due tendono a seguire questa indicazione di base.
Altre Teorie
Gli economisti non sembrano pensarla come i fisici.
Steven Levitt nel suo ultimo libro Think Like a Freak, l’economista mette in discussione le abitudini dei calciatori e i calcoli di matematici dietro al “rigore perfetto”, sfatando il mito del tiro angolato.
Secondo quest’ultimo il rigore migliore è quello calciato dove il portiere non se lo aspetta: il centro della porta.
Basti pensare che solo 7 volte su 100 i portieri rimangono fermi, 2 su 100 nelle competizioni nazionali.
Secondo lui tirare al centro da l’81% di chance di segnare.
Il premio Nobel John Forbes Nash Jr. ha teorizzato invece che la strategia migliore, e quindi più razionale, sia variare le proprie mosse in maniera imprevedibile, cioè, di fatto, dovreste tirare a caso.
Discorso in parte diverso vale per i portieri: loro devono interpretare i movimenti dell’avversario per anticiparne le intenzioni, ma è altrettanto fondamentale tentare di rallentare l’esecuzione del tiro, distraendo l’avversario e costringendolo a pensare.
Se il tiratore cambia in corsa la propria decisione, infatti, aumenta le proprie possibilità di errore.
Un estremo difensore che si muove sulla linea di porta e allarga ripetutamente le braccia diminuisce la grandezza percepita della porta e cattura l’attenzione del tiratore, inducendolo a calciare verso di lui e riducendo l’angolatura del tiro di circa 32 cm.
Ne sono un esempio Jerzy Dudek del Liverpool, nella famosa finale di Istanbul del 2005, o Jens Lehmann, che in Argentina-Germania dei Mondiali 2006 consultava ripetutamente un foglietto tenuto nei calzettoni, distraendo così i tiratori in un momento decisivo.
Inoltre, se il portiere si posiziona non perfettamente al centro, distanziandosi anche solo di circa 9 cm più a destra o sinistra, aumenta le possibilità di errore del tiratore, che tende a mirare l’angolo “offerto” e maggiormente sguarnito.
Infine, dopo aver tirato, se abbiamo segnato, non dimentichiamoci di esultare.
Esiste, infatti, una correlazione tra i giocatori che manifestano platealmente la propria gioia dopo un rigore trasformato – il 66% lo fa alzando le braccia al cielo – e la vittoria finale. Dopo un’esultanza, il tiratore avversario successivo tende a sbagliare di più, mentre il compagno successivo, “contagiato” dall’esultanza, tende a segnare con maggior probabilità.
Ma alla fine qual è il rigore perfetto? Quello che finisce alle spalle degli avversari, ovvio.