Il sapore amaro della sconfitta ti accompagna per tutta la vita. Diventa un’ossessione, una paranoia continua. Ogni volta che provi a risollevarti e cerchi disperatamente di prenderti una rivincita contro il passato, crolla tutto nuovamente. E la cosa peggiore è che la sconfitta non guarda in faccia a nessuno.
Oggi infatti vi raccontiamo la storia di uno dei più grandi centrocampisti del nuovo millennio in occasione del suo compleanno. Il suo nome è Michael Ballack.
Nasce a Gorlitz il 26 settembre 1976, da padre ingegnere e madre nuotatrice. Il suo sogno, come quello di tanti bambini, è di diventare il capitano della nazionale tedesca. Possiede un talento cristallino, che gli permette di essere notato negli anni sua adolescenza. Il primo grande passo lo compie firmando un contratto con il Kaiserslautern, squadra neopromossa in Bundesliga, a soli 21 anni. Michael fin da subito prova a farsi spazio, dimostrando le proprie qualità di inserimento e visione di gioco. La fortuna poi, è dalla sua parte.
Riesce a conquistare, con un ruolo marginale all’interno della rosa, la Meisterchale. Il titolo più ambito di Germania finisce dunque tra le mani del Kaiserslautern, prima volta in cui una neopromossa alza al cielo il massimo trofeo tedesco. Gioia, orgoglio e soddisfazione. Ma soprattutto, gli occhi curiosi di mezza Europa si innamorano del gioiellino di Gorlitz. E dopo un’altra stagione con i diavoli rossi, passa finalmente al Bayer Leverkusen. È l’inizio di tutto.
Ballack fa esplodere tutto il suo talento e dimostra di avere una dote innata per il fiuto del gol. Le sue statistiche personali vengono arricchite dai numeri imperiosi delle reti messe a segno, portando il Bayer Leverkusen a giocarsi qualsiasi titolo disponibile. Qui incomincia la sua maledizione.
Michael infatti cresce rapidamente, ma le vittorie stentano ad arrivare. Alla fine del campionato 2001, basta un punto al Bayer per laurearsi campione di Germania. All’ultima giornata però, Ballack realizza un goffo autogol, che condanna le Aspirine a un secondo posto amaro. Il primo di una lunga serie per Michael. L’anno successivo infatti, il Bayer raggiunge clamorosamente la finale di Champions League. La squadra possiede giocatori del calibro di Lucio, Butt, Schneider, Neuville, un giovane Berbatov e il suo capitano Michael Ballack. Ottima squadra, per carità. Ma di fronte a loro, ci sono i Galacticos.
Manco a dirlo, a decidere la finale sarà una perla inestimabile di Zinedine Zidane. Sinistro al volo, palla all’incrocio dei pali. L’avete rivisto 1000 volte, sicuramente. Purtroppo anche Michael. Senza darsi pace. Perché più diventa forte e meno riesce a vincere. Il suo rapporto coi successi è un vero e proprio asintoto, in cui lui e la vittoria non si incontrano mai. Eppure ha la grande possibilità di prendersi una rivincita, a un solo mese di distanza. La sua Germania è una armata perfetta ai mondiali del 2002. Sconfigge qualsiasi squadra gli si pone davanti, persino i famigerati padroni di casa della Corea del Sud. ‘Tacci loro.
La finale si presenta quindi come una semplice pratica da sbrigare. Peccato però, che l’altra finalista è il Brasile dei fenomeni. Ronaldo, Rivaldo, Ronaldinho, Roberto Carlos, Cafu, Marcos. In pratica manca solo Roberto Sedinho in panchina a completare l’opera. Ecco dunque che la finale di Ballack si trasforma da potenziale rivincita a cocente sconfitta. L’equilibrio di una gara tatticamente perfetta, viene spezzato da una papera inconsueta di Kahn, che regala al Fenomeno il gol del vantaggio. La chiuderà sempre lui, il Dio del Calcio.
Ballack è a pezzi, il suo morale sotto ai piedi. Come può un giocatore così completo sotto ogni punto di vista, perdere sonoramente le finali più importanti? Nessuno può rispondere a questa domanda. È il destino atroce riservatogli dal mondo del calcio nei suoi confronti. E nulla riesce più a toglierli di dosso l’etichetta di Eterno Secondo.
Dopo il Mondiale, Ballack firma un contratto di fondamentale importanza con il Bayern Monaco. In Baviera, Michael matura definitivamente come calciatore. Sotto l’aspetto tecnico/tattico è stratosferico. Segna, imposta e si getta su ogni pallone vagante. Vince praticamente tutto in Germania: 3 campionati tedeschi, 3 coppe di Germania e una coppa di Lega. Il cammino in Champions invece, non è altrettanto favorevole. I Bavaresi arrivano fino ai quarti di finale, mai oltre.
L’opportunità per stravolgere il suo cammino maledetto ai vertici del mondo, arriva quindi con la sua Nazionale. Il suo paese d’origine ospita il torneo di calcio più ambito al mondo. Ballack arriva al Mondiale in una forma fisica e mentale strepitosa. Ha negli occhi la rabbia di tutte le sconfitte del passato da dover vendicare. La sua Germania è forte, completa ma non inarrestabile. Fatica a qualificarsi alle fasi finali, ma la loro spocchia di essere i migliori non sembra calare. Ecco che in semifinale, i tedeschi arrivano gasati, pronti per umiliare la Nazionale Italiana di Lippi.
Il silenzio di tomba del Westfallenstadium al gol di Grosso fredda però il sangue del povero Ballack. Non ci può credere, non un’altra volta. Davanti a 65000 tifosi e al popolo intero tedesco, Michael è nuovamente battuto. Giusto per infierire, ricordiamo anche il gol di Alex con la telecronaca di Caressa. Solo la Traviata di Verdi è in grado di riprodurre un’emozione simile al suo ascolto.
Delusione tremenda. Ballack prova a cambiare capitolo della sua carriera. Lascia il Bayern Monaco dopo 4 anni e si trasferisce a Londra, sponda Stamford Bridge. I Blues di Abramovich sono la squadra ideale per ricominciare; tanti nuovi innesti, tanta fame di vittorie. E al secondo anno, Michael si gioca l’ennesima finale della sua vita. A Mosca, il Chelsea ha la possibilità di inserire nel proprio palmares, la prima Champions League. L’avversario è di quelli tosti: il Manchester United di Cristiano Ronaldo. Partita difficile, dove una delle due squadre non riesce a sovrastare l’altra. Si va ai rigori. La storia bè, la conoscete già..
Perché il destino ce l’ha con Michael Ballack? Cosa ha fatto di male uno dei centrocampisti più forti al mondo per meritarsi tutto questo? Nemmeno la Juventus in 10 anni riuscirebbe a perdere così tante finali internazionali. Una maledizione si affligge su di lui ogni volta che prova a sollevare un trofeo al di fuori dei confini nazionali. Perché lui prova a resistere, a non demordere, a credere che prima o poi l’occasione della vita possa realizzarsi. E guarda caso, come 6 anni prima, Ballack si gioca un’altra finale con la nazionale, un mese dopo aver perso la Champions. Ma il risultato, come 6 anni prima, rimane lo stesso..
El Nino Torres realizza il gol della vittoria. Germania Spagna 0-1. Non resta che gettar la spugna e finire mestamente la propria carriera. Difficile se non impossibile, quando ti chiami Michael Ballack. La principale icona calcistica tedesca, il capitano storico della nazionale, l’espressione facciale di un crucco per eccellenza. Lui si è dovuto piegare al destino crudele riservatogli dagli Dei del calcio. Ma la sua storia di sconfitte, ahimè, non finisce qui. Il tutto si conclude con una beffa a dir poco spregevole. Durante la semifinale di Champions del 2009 tra Chelsea e Barcellona, Ballack si vede negare un rigore solare davanti ai propri occhi.
Non ci può credere. Rincorre l’arbitro Ovrebo strattonandolo, con gli occhi di una persona che gridano “Perché proprio a me?!” dopo tutto ciò che gli è capitato. È l’ultima ferita per Michael.
Lascerà il Chelsea nella stagione successiva, tornando lì dove tutto era cominciato. A Leverkusen, Michael gioca gli ultimi due anni della sua carriera, prima di ritirarsi e porre fine alla sua maledizione. 141 gol in 570 presenze nei club. 42 reti e 98 presenze con la sua nazionale. Numeri impressionanti per il precursore del centrocampista moderno.
Eppure non gli basteranno per levarsi di dosso l’etichetta di Eterno Secondo.